Nella determinazione dell’assegno di mantenimento può rilevare l’assegnazione della casa coniugale anche se di proprietà comune ai coniugi

Assegno mantenimento

Il tema della determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge e dei criteri in base ai quali l’importo deve essere quantificato è sempre oggetto di acceso confronto tra i coniugi.

In particolare, quando viene assegnata la casa familiare al coniuge collocatario della prole il tema diventa ancora più sensibile, a maggior ragione se la casa è di proprietà del genitore non collocatario o è in comproprietà.

La questione non è di scarsa importanza perché concerne il corretto bilanciamento dei contrapposti diritti ed interessi dei coniugi, tutti meritevoli di tutela. Da un lato, le ragioni del coniuge affidatario dei minori, che avrà il compito di occuparsi in via principale delle incombenze quotidiane dei figli, garantendo loro la stabilità di cui necessitano. Dall’altra parte, le ragioni del coniuge proprietario o comproprietario che non solo dovrà reperire una nuova abitazione con ulteriori costi, ma non potrà neppure trarre alcun vantaggio dalla casa di proprietà.

Queste le ragioni che hanno visto la giurisprudenza esprimersi in un senso piuttosto che nell’altro, con indirizzi non univoci che hanno talvolta valorizzato le ragioni del genitore affidatario, altre invece quelle dell’altro coniuge.

È recentissima l’Ordinanza n. 27599 del 21.09.2022, Sezione I Civile della Corte di Cassazione che si inserisce nel dibattito tra contrapposti orientamenti giurisprudenziali e che, seppure in via sintetica, afferma un principio che la Corte negli ultimi anni ha adottato in via maggioritaria.

L’assegnazione della casa familiare, seppure possa considerarsi una statuizione avente ad oggetto il preminente ed esclusivo interesse dei figli, ha anche indubbi riflessi economici sulla posizione dei coniugi. Il genitore collocatario dei minori non sopporterà le spese di una nuova abitazione mentre l’altro genitore non potrà più godere della propria abitazione e dovrà assumere i costi per vivere altrove.

La recente ordinanza riconosce il preminente fine a cui tende il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, ovvero garantire ai figli il mantenimento di un habitat familiare in grado di assicurare loro saldi punti di riferimento. Al contempo, la Corte di Cassazione ritiene doveroso attribuire rilievo anche agli aspetti economici dell’assegnazione della casa familiare. Il godimento esclusivo da parte del coniuge collocatario, infatti, non trova fondamento nella eventuale comproprietà dell’immobile ma unicamente nel provvedimento di assegnazione del giudice, che limita le facoltà connesse all’utilizzo dell’immobile da parte dell’altro coniuge e si traduce in un pregiudizio economico del quale tenere conto in sede di determinazione dell’assegno dovuto.

L’ordinanza ribadisce alcuni principi che già la giurisprudenza aveva avuto modo di esprimere (Cass. civile, n. 20858 del 21.07.2021; Cass., sez. VI civile, ordinanza n. 25420 del 17.12.105; Cass., sez. I, n. 4203/2006). Ai fini della determinazione dell’importo di mantenimento, una volta accertato il diritto del richiedente all’assegno, occorre tenere conto non solo dei redditi del soggetto obbligato ma anche di ulteriori circostanze, non determinabili a priori e variabili a seconda del caso di specie, che possano incidere sensibilmente sulle condizioni economiche delle parti stesse.

In tale perimetro di valutazione si colloca anche l’eventuale godimento della casa familiare che costituisce, come detto, un’utilità suscettibile di apprezzamento economico sia sotto il profilo del risparmio che viene concesso al coniuge convivente con i figli che dell’incidenza del relativo uso sulla disponibilità dell’immobile, cui consegue la limitazione delle facoltà di godimento e di disposizione da parte dell’altro coniuge proprietario o comproprietario (Si vedano anche Cass., sez. VI, n. 26197 del 28.12.2010; n. 19291 del 03.10.2005).

Con le descritte motivazioni, la Corte ha dato seguito all’orientamento maggioritario che negli ultimi anni si era affermato e che si pone in termini di attualità, valorizzando – nel bilanciamento degli interessi di entrambe le parti- anche le ragioni del genitore non collocatario, sino a contemplare l’eventualità che l’assegnazione della casa familiare possa anche escludere il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge. Il giudice di merito avrà dunque il compito di valutare caso per caso, nel contesto soggettivo e oggettivo di riferimento, l’incidenza della proprietà dell’abitazione ai fini della determinazione e/o esclusione dell’assegno di mantenimento.

di Giovanni Reho e Laura Summo

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